Inarrestabile crisi per i piccoli alberghi italiani
Una situazione preoccupante per gli alberghi a gestione familiare in Italia: sono scomparse quasi 2800 strutture in 12 anni, secondo uno studio di Assohotel-Cst. Il settore è alle prese con diverse sfide, tra cui i prezzi aggressivi delle grandi catene alberghiere e l’impatto del fenomeno Airbnb.

Il boom degli affitti turistici brevi ha causato un grave impatto sulle piccole strutture ricettive, che stanno lottando per rimanere sul mercato. Il numero di hotel a una e due stelle si è ridotto significativamente, con una diminuzione del 23,5% dei “2 stelle” e del 34% dei “1 stella”.
La competizione con le strutture più grandi e il fenomeno degli appartamenti in affitto, che hanno costi di gestione inferiori e meno obblighi di servizio, sta mettendo in difficoltà i piccoli alberghi. La necessità di mantenere standard elevati, le commissioni elevate delle piattaforme online e l’ambiente competitivo rendono la gestione sempre più complessa per queste piccole imprese.
Il calo dei posti letto e delle strutture non è dovuto solo alla pandemia, ma è un trend in atto da diversi anni. La diminuzione è stata del 3% ogni anno dal 2011. Questa tendenza riguarda anche gli hotel a 3 stelle, con una diminuzione del 2,5% in 10 anni.
Le regioni del nord-est ospitavano il maggior numero di hotel a una e due stelle, mentre le regioni del sud e le isole avevano solo il 13,5% del totale. Proprio in queste aree si è registrata la diminuzione percentuale più elevata, dimostrando la difficoltà delle piccole imprese a restare competitive.
Il presidente di Assohotel Confesercenti, Vittorio Messina, sottolinea l’importanza di regolamentare il mercato degli affitti turistici brevi per eliminare ogni forma di concorrenza sleale e tutelare le attività imprenditoriali.
La situazione è critica per i piccoli alberghi italiani, ma si spera che misure adeguate possano essere adottate per sostenere questo importante settore turistico. 🛏️🇮🇹
Redazione di “Hospitality Business Magazine Italia”