Effetto Coronavirus: «Nell’hotel di Padova c’ero solo io»
Centottanta camere, dieci piani, un solo cliente. Ma in piazza Garibaldi, all’ora dello spritz, c’è la movida

Doveva succedere, prima o poi. Martedì scorso la sala delle colazioni aveva chiuso un’ora in anticipo rispetto al solito. Le cameriere, gentilissime, avevano fatto un lungo giro di parole per dire che c’era poca gente. Giovedì era sparita anche la coppia di origine asiatica che ogni pomeriggio prendeva il tè al bar del pianterreno. Venerdì nella hall regnava un silenzio assoluto. Gli impiegati alla reception, sorridenti, faticavano a nascondere una espressione di smarrimento. Nella hall si aggiravano solo due persone. Il sottoscritto, e un signore con gli occhiali che a voce alta raccontava, credo per scherzo, di essere in quarantena. Ieri alle dieci del mattino l’ho visto saldare il conto, il trolley dietro di lui. In quel momento ho capito che stava succedendo davvero. Sono l’unico ospite del più grande hotel di Padova. Centottanta camere, dieci piani di altezza, dieci sale congressi, non so quanti dipendenti. Una sola colazione, una sola stanza da rifare, un solo cliente. E questa atmosfera ovattata, questo silenzio così innaturale. Non possono parlare, i poveri impiegati, per policy aziendale. Colgo qualche brandello di conversazione, perché nel vuoto pneumatico ogni rumore, ogni sussurro, si amplifica.
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fonte: corriere.it